Description
IL LIBRO
Sarcastico, satirico, drammatico, introspettivo; sicuramente non convenzionale, libero da trame precostituite e da un modus scrivendi che spesso costringe l’autore all’interno di canoni letterari più o meno prestabiliti. È un meta-romanzo, un po’ pirandelliano, un po’ bretoniano. È altresì una riflessione profonda sulla letteratura stessa, espressa, però, di una sorta di ‘gioco’, in cui l’autore viola tutte le regole producendo un surrealismo ipnotico che porta il lettore a percorrere senza preconcetti, aspettative e indugi, le vie della città.
L’AUTORE
Michele Tropiano, da sempre impegnato nella scrittura e nella letteratura, possiede la maturità classica, ottenuta nel 2006 presso il Liceo F. De Sanctis di Salerno. Ha conseguito la Laurea Magistrale in Filologia Moderna nel 2012, presso l’Università di Salerno, dopo la Triennale in Pubblicistica presso lo stesso Ateneo nel 2008. Attualmente, dal marzo del 2012, svolge l’incarico di collaboratore giornalistico presso la testata locale “Cronache del Salernitano”. Nel marzo 2013 ha pubblicato la raccolta poetica “Versi Diversi Traversi e Perversi” edito da Youcanprint.
ESTRATTO
… Mi ritrovai, un po’ per caso, un po’ per scelta, nel bel mezzo di una guerra, una lotta senza quartiere, senza strade, senza palazzi, senza muri cui appoggiarsi quando ci si sente stanchi di correre a vuoto senza una meta precisa: intorno a me non v’erano che ombre che si uccidevano con armi caricate a luce riflessa, quella luce che non sai da dove provenga, né dove vada, né perché. È un’esperienza singolare veder morire un’ombra, di quelle che vorresti filmare per mostrarla agli amici e ai parenti, per caricarla su Youtube e condividerla col mondo, per dire “io c’ero”… già, ma dove? in mezzo al nulla, fra simulacri di corpi forse mai nemmeno nati, ma pronti a morire. Un’ombra quando muore s’accascia al suolo, s’allunga come colpita dal sole del tardo pomeriggio, poi lentamente scompare lasciando tutto intorno a sé un alone di mistero: dove va un’ombra quando cessa di vivere? E intanto si faceva sera e la città cambiava aspetto lentamente, ma rimanendo sempre uguale a se stessa, senza mutare di sostanza, la stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, di cui non siamo fatti noi assolutamente, altrimenti saremmo più liberi. Incontrai un venditore ambulante lungo la via che mi riportava, forse, a casa; lo guardai con un’occhiata distratta mentre aspettava alla fermata del bus; cercai di fuggire ma quello mi era già addosso. Dovevo risolvere il caso… dovevo risolvere il caso… Mi chiese: Come mai questo libro inizia col Capitolo II? Una domanda a cui non avrei saputo rispondere, così evasivamente gli dissi: Non ho nulla da comprare E quello, ancora più deciso di me, con voce risoluta come se fossimo due avvocati di parte opposta in un’aula di tribunale, rispose: Non ho nulla da vendere Qualcosa non quadrava, così come non quadrava un po’ tutto, dopo tutto. Gli chiesi allora: E la tua borsa? E la tua? Nella mia borsa avevo libri, di quelli comprati al mercatino e mai letti, ma che mi aiutavano a sentirmi intellettuale mentre passavo per il quartiere più malfamato, dove i libri venivano usati dai ragazzi solo per accendere il fuoco per scaldarsi, in mezzo alla strada, in attesa che qualche automobile in corsa li liberasse dalla loro maledizione. Qual era invece la mia maledizione? Forse era simile alla loro, forse diversa, forse opposta. Li guardavo negli occhi e vedevo un vuoto che sembrava m’inghiottisse come un meteorite a capofitto in un buco nero. Dove portano i buchi neri? C’è chi dice siano stargate per un’altra dimensione, chi pensa invece siano portali per viaggi nel tempo, chi ancora li ritiene agglomerati di energia che risucchiano ogni cosa nel nulla. Io non sono uno scienziato, dunque so solo che sono dei buchi e che sono neri, come lo smog della città, opprimente, assillante come un mistero cosmico, come quello dei buchi neri, appunto. Passeggiavo a vuoto, cercando il mio posto nel mondo – nell’universo – tentando di evitare ammassi spaziali ed asteroidi, vagabondi come me.
Quando poi i nostri eroi, nel loro vagabondare per la città, arrivarono sulla soglia del cimitero, si fermarono come se avessero visto un fantasma: c’era un’insegna con su scritto
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